lunedì 25 luglio 2011

Silver Moonlight 22°capitolo

  • cosa credevi di fare comportandoti cosi con un agente lyla?-

avrebbe dovuto sentirsi in colpa per lo scoppio d'ira di poco prima, ma non era cosi. Avrebbe dovuto ammettere di aver sbagliato e scusarsi con tanto di flagellazione in pubblico, perchè pensandoci, ora che l'ira era scemata, fare incazzare un poliziotto non era proprio stata una bella mossa. Probabilmente comportandosi cosi lo aveva reso ancora più sospettoso su cosa era accaduto. Già se lo immaginava, seduto alla sua triste scrivania grigia, e ricoperta fino all'impossibile di scartoffie ancora da compilare, e tazze di caffè freddo e stantio, mentre era chino sul modulo per le dichiarazioni dei testimoni. Quello che avrebbe scritto l'agente Denton secondo lei suonava così: la signorina Emrys Lyla afferma di essere stata aggredita da un individuo che si presume sia un uomo, nel bosco nei pressi di Lake Louise. La sopracitata sostiene anche di non aver riconosciuto l'individuo che l'ha aggredita e di non poter fornire nessun dettaglio utile al riconoscimento di quest'ultimo.

Pertanto è possibile ipotizzare che la signorina Emrys abbia preso un grosso spavento scambiando l'ombra di un albero per uno spaventoso assassino.

Era praticamente certa che avesse scritto qualcosa di simile.

Doveva averla presa per una pazza psicolabile, poco male, cominciava a sentirsi davvero cosi.

Non si diede nemmeno il disturbo di rispondergli, lanciando un'occhiata da sopra la spalla che diceva: lascia perdere, per oggi ne ho avuto abbastanza.

Doveva essere pessima in quella cosa del parlare con gli occhi perchè quando fu a metà delle scale, joseph si aggrappò alla ringhiera di legno chiaro e sbraitando come un drago con i bruciori di stomaco le disse:

  • lyla torna immediatamente qua! Dobbiamo parlarne non puoi scappare, mi hai capito piccola testarda?!-

l'irritazione e la rabbia le riempirono le vene delle mani facendogliele richiudere a pugno istintivamente. A quel punto sapeva di non riuscire quasi più a trattenersi. Quindi con uno sforzo di nervi enorme salì gli ultimi gradini della scala saltandone due alla volta per infilarsi poi in camera sbattendo la porta e chiudendola a chiave, proprio mentre saraphine dal basso diceva: - calmati joseph. Ha avuto una brutta giornata, cerca di capirla-

beh, per fortuna che almeno qualcuno la capiva.

Era stanca di quella giornata ed era felice che stesse per finire.

Si buttò a peso morto sul letto, sprofondando piacevolmente tra gli strati di coperte e la trapunta che ricoprivano le lenzuola blu notte che aveva scelto in un grande magazzino di Toronto qualche anno prima.

Avrebbe voluto trascinarsi fino al cuscino e scivolare sotto le coperte per eclissarsi da tutto quello che la circondava ma non ne aveva la forza.

Riposò gli occhi per qualche minuto tenendoli chiusi e quando il respirò tornò ad essere regolare, li riaprì lentamente.

Era ora di affrontare un paio di cose.

Continuare a negare era ridicolo a quel punto. bisognava tirare le somme della giornata e, per quanto possibile cercare di mettere un po' di ordine e razionalità.

  • mmh.... vediamo-

disse parlando con se stessa.

  • per prima cosa, c'è stato l'incidente con l'auto. Quando sono uscita da casa per andare al lavoro-

l'autista aveva gridato dicendole di svegliarsi, ma lei si sentiva a posto.

Ci pensò un po' poi disse:

  • no quello addormentato era lui, come aveva fatto a non vedermi?-

accantonò il fatto non vedendoci niente di particolare.

  • Poi c'è stato lo scontro con il passante sul marciapiede.-

  • pffff.

Sbuffò con ironia. Quello non era nemmeno da prendere in considerazione. Eppure una sensazione di disagio serpeggiando lungo la spina dorsale le insinuò il dubbio che che la faccenda non si limitasse a un evento insignificante come quello. Ma ci fosse di più.

Ci avrebbe pensato in seguito, in quel momento non riusciva a ricavare altro dalle sue emozioni.

  • il caffè di francis-

quello si che era stato strano. Per tranquillizzarlo lo aveva rassicurato che era stato soltanto un calo di zuccheri a farla sbattere al tavolino della caffettiera. Ma ovviamente non era stato cosi. La verità era che non lo sapeva nemmeno lei. Forse razionalizzare su quell'evento in particolare era inutile, perchè di razionale c'era ben poco.

Per quanto uno si sentisse debole e stesse per svenire per un calo di zuccheri, non gli sarebbero mai spuntate negli occhi delle lenti d'ingrandimento. Questo era un fatto. Non si poteva discutere che quello fosse un dettaglio al di fuori di ogni spiegazione.

  • dovrei andare da un medico? No, m i prenderebbe per una povera pazza e mi farebbe andare nel reparto di psichiatria per u consulto.-

e lei sapeva di non esserlo. Sapeva che quello che le era successo per quanto strano e anormale era vero. Era accaduto sul serio.

Tuttavia rimaneva un mistero il perchè le fosse accaduto.

Cominciava a sentirsi insonnolita, tutto quel discutere con se stessa l'aveva rilassata e allo stesso tempo preoccupata, ma il sonno stava prendendo lentamente prendendo il sopravvento sui dubbi e sulle paure.

Quando chiuse gli occhi ogni preoccupazione aveva lasciato il posto alla tranquillità dei sogni.


Un vetro che andava in frantumi la risveglio da un sogno di cui già non ricordava più i dettagli.

Si mise frettolosamente a sedere sul letto e una folata di vento gelido la svegliò completamente.

Il tutto suonava di già visto, già successo.

E poi fu come ritrovarsi in un deja-vu.

Un uomo alto e bello. Una giacca nera e scintillante.

E sangue. Che questa volta oltre che dalla manica usciva anche dal colletto della giacca elegante. Ma era scuro e non sembrava riflettere la luce fioca che veniva dalla stanza di lyla. Era sangue secco oramai da giorni.

Dunque non si era sognata tutto. Quel piccolo dettaglio che continuava a tormentarla da quella mattina. Quel ricordo che non riusciva a ripescare e che era rimasto in agguato per tutto il giorno, ora era li.

Aveva già vissuto quella scena appena la notte prima.

L'uomo era già stato nella sua camera esattamente nello stesso punto in cui era ora.

Non poteva credere di aver dimenticato una cosa simile. Uno sconosciuto e possibile assassino entra in camera sua nel mezzo della notte e lei semplicemente lo scorda? Cosi all'improvviso? Possibile che l'avesse ipnotizzata per farle scordare l'accaduto? Si certo. Da un momento all'altro sarebbe spuntato anche mago merlino.

Poi rimase shockata dal pensiero che formulò nell'istante successivo.

Quello era lo stesso uomo che l'aveva seguita nel bosco.

  • tu brutto...-

la ferita che le aveva inferto nel bosco si era, in modo completamente inaspettato e sorprendente, rimarginata del tutto.

Ma il torto, l'umiliazione e la paura, bruciavano ancora sotto la sua pelle.

questa volta non l'avrebbe fottuta, non era tanto stupida da commettere due volte lo stesso errore, o per lo meno non l'avrebbe fatto consapevolmente.

lunedì 18 luglio 2011

Silver Moonlight 21°capitolo

Quando si accorse dell'errore fu troppo tardi. Il danno era già stato fatto.

  • io chiamo la polizia-

  • no joseph, non ce n'è bisogno...-

non aveva nemmeno fatto in tempo ad aprire la bocca che lui era già impegnato in una discussione accesa con la stazione di polizia locale.

  • lo sai quanto ci tiene a te.-

saraphine era meravigliosa. Indossava un paio di jeans bianchi e un maglioncino di lana a collo alto dello stesso colore. I lunghi capelli biondi in quel momento erano raccolti alti sulla testa in una crocchia.

Sembrava la regina delle nevi di qualche fiaba della buonanotte.

  • si lo so, ma credo che sia eccessivo chiamare la polizia. Io sto bene e a quest'ora chissà dove sarà finito quel tizio.-

  • per quanto ne sappiamo noi lyla, potrebbe anche essere una persona pericolosa è nostro dovere denunciare l'accaduto. Eravamo cosi preoccupati per te tesoro. Non vorremmo mai che succedesse al figlio di qualcun altro, per questo dobbiamo farlo .-

aveva ragione. Si sarebbe sentita terribilmente in colpa se a causa della sua reticenza a denunciare l'accaduto un'altra ragazza fosse stata aggredita.

Annuì silenziosamente, senza alzare lo sguardo dal tessuto arabescato del divano.

Non poteva biasimarli per come avevano reagito, appena uscita dal bosco si era resa conto di avere l'aspetto di uno che aveva appena finito un'esercitazione militare. Aveva cercato in tutti i modi di entrare in casa il più silenziosamente possibile per non farsi vedere conciata cosi, ma sfortuna volesse che quel testardo di suo zio la stesse aspettando appollaiato sulla poltrona accanto al divano dove si trovava lei ora.

Joseph era quasi svenuto alla vista di lei tutta sporca di fango, e il sangue che imbrattava la giacca all'altezza dello strappo aveva fatto da ciliegina sulla torta. Da quel momento era stato tutto un turbinio di imprecazioni che provenienti dalla bocca di joseph suonavano veramente strane. Era un uomo pacato, si agitava molto questo è vero, ma non era tipo da sfornate parolacce in serie.

Nel trambusto, saraphine si era svegliata e mentre cercava di calmare suo marito che ormai era sull'orlo di un attacco di panico, aveva fatto cenno di via libera a lyla che non se lo era fatto ripetere due volte ed era corsa in camera sua.

Chiusa la porta della stanza alle sue spalle, aveva girato la chiave nella toppa rimanendo da sola con il cuore che le andava a mille.

Era corsa in bagno e si era strappata la giacca lasciandola cadere sul pavimento. La maglia sottostante era impregnata del sangue che aveva perso dal taglio vicino alla clavicola. Aveva appoggiato delicatamente le dita sulla ferita aperta ma le aveva ritratte quasi subito. Quella ferita faceva un male cane.

Non riusciva a capire come se la fosse fatta, di sicuro non era stato cadendo perchè quando si era risvegliata sulle rive del lago ce l'aveva già. Più ci pensava meno riusciva a trovare una risposta razionale.

Era tutto assurdo, era assurdo che un uomo l'avesse aggredita, era assurdo l'incidente nel negozio di Francis.

Era esausta. Aveva fatto una rapida doccia lavando bene la ferita sotto al getto di acqua bollente in modo che non facesse infezione; dio solo sa con cosa si era ferita e quale tipo di germi potevano essere entrati. Uscita dalla doccia si era guardata allo specchio e aveva scoperto che non era grave quanto aveva creduto cosi si era messa un cerotto e si era rivestita con jeans puliti e una felpa attillata con un pupazzo di neve disegnato sopra. Poi era scesa al piano di sotto dove gli zii stavano ancora parlando al telefono. Cosi lei si era seduta sul divano ad aspettare che cominciassero con il fuoco di domande.

Ma non fecero in tempo a raggiungerla che il campanello di casa suonò.

Quando saraphine tornò non era da sola, con lei c'era un agente della polizia del Canada.

L'agente che venne a raccogliere la sua deposizione era un uomo che doveva avere circa quarat'anni.

Era stempiato e quei pochi capelli che gli rimanevano sul retro della nuca, da castani stavano diventando grigi.

Sulla distintivo che portava appuntato al petto lyla riuscì a leggere il nome: Agente Denton.

  • allora, tu devi essere Lyla. Giusto?-

  • ehm, si. Si signore.-

  • bene. Ottimo.-

si interruppe per un attimo e tirò fuori dalla giacca blu un taccuino tutto spiegazzato sul quale cominciò a scrivere con una penna che aveva preso dalla tessa tasca.

  • hai riconosciuto la persona che ti ha aggredita?-

  • no, non sono riuscita a vedere molto in quel momento-

  • capisco.-

  • e dimmi ricordi qualche dettaglio dell'uomo? Che ne so il colore dei capelli, una cicatrice, un segno particolare.

  • Sta scherzando vero?-

l'uomo parve sinceramente preso in contropiede dalla risposta acida.

  • lyla, ti prego.-

saraphine le lanciava occhiate di fuoco mescolate a....cosa? Imbarazzo?

  • no zia. Niente lyla ti prego.-

volevano farla incazzare? Beh ci stavano riuscendo alla grande

  • non essere maleducata con l'agente Denton. Sta solo facendo il suo lavoro.-

  • lui sta facendo il suo lavoro ma io sono stata aggredita in un bosco quando ormai era già sera. Da un uomo che probabilmente mi ha pedinata per tutto il tempo e che poi mi ha feri....ehm fermata buttandomi a terra. Credete che io abbia avuto il tempo di fermarmi e chiedergli qual'è il suo tipo di cioccolata preferita?-

per qualche secondo nessuno parlò. Ognuno perso nei propri pensieri. Alla fine il primo a parlare fu zio joseph.

  • agente, mia nipote è chiaramente shockata da quello che le è successo-

pollici in alto per joseph.

  • sarebbe possibile finire un'altra volta? Magari domani?- l'agente Denton chiaramente seccato di essere stato intralciato da una ragazza, alzò il sopracciglio sinistro e con l'aria di chi ha appena scoperto che dovrà fare un doppio turno annuì con poca convinzione.

  • Certo signor...mi scusi...-

joseph assottigliò gli occhi in uno sguardo seccato.

Ah! chi era ora che si comportava male?

  • Lewis, Joseph Lewis.-

  • certamente signor lewis. Allora passerò domani sera.-

detto questo si alzò dalla poltrona sulla quale si era seduto e si avviò verso la porta d'ingresso accompagnato da joseph e saraphine. Poi si voltò e toccandosi la visiera si accomiatò con un: -signora lewis, signor lewis. Buonasera.

Lyla soffiò fuori l'aria dai polmoni quando lo scatto della porta che si chiudeva risuonò nell'aria.


lunedì 11 luglio 2011

Silver Moonlight 20°capitolo


Zoppicando in modo vistoso riuscì miracolosamente a uscire dalla foresta senza essere raggiunta una seconda volta,

doveva averlo colpito in modo più grave del previsto. Era Possibile che gli avesse sfondato il cranio? È detto comune che l'adrenalina possa far compiere sforzi al di fuori dell'ordinario quando ci si trova in momenti di pericolo. Ma arrivare al punto di sfondare la testa di un uomo? Lyla si augurò di no.

Forse doveva tornare indietro e assicurarsi che non fosse morto, già la vedeva la squadra di C.S.I. Che trovava tracce del suo d.n.a. Sul corpo senza vita dell'uomo e poi un paio di agenti bussavano alla sua porta per arrestarla con l'accusa di omicidio.

Al contrario, se invece era ancora vivo e si era nascosto aspettando che il senso di colpa la costringesse a tornare indietro, sarebbe stato suo il cadavere ad essere ritrovato.

Radunò gli ultimi brandelli di sanità mentale che ancora le rimanevano e tradendo la promessa che essa stessa aveva fatto di non voltarsi e tornare indietro per nessuna ragione al mondo. Girò sui tacchi e per la seconda volta quel giorno varcò la soglia di un posto nel quale avrebbe gradito non andare.

Percorse con passo veloce il sentiero che aveva usato quando era entrata stando attenta a mantenere la direzione

che l'avrebbe riportata nel punto esatto in cui era caduta.

Poi poco più avanti, circa a venti, trenta metri davanti a lei dove i pini piegavano naturalmente verso destra, qualcosa attirò la sua attenzione.

Di nuovo il luccichio di prima. - oh merda.-

una massa informe stava immobile nello spazio tra due alberi e qualcosa, sul quello che lyla presumeva fosse il corpo, colpito dalla luce del telefonino brillava come a voler dire:

  • hey voi! Qua c'è un cadavere!-

perfino la vocina nella sua testa cominciava a diventare sarcastica e macabra. Non si metteva bene, per niente.

Mentre la stronza nel cervello continuava a farla rabbrividire con le sue frasi per nulla divertenti o almeno in quel momento non lo erano, lyla era sempre più terrorizzata.

In vita sua non aveva mai visto una persona morta, era troppo piccola per ricordare la veglia per i suoi genitori. I nonni erano ancora tutti e quattro in vita, per cui non era preparata a vedere il corpo senza vita di una persona, specialmente se era morta per mano sua.

  • coraggio, è inutile farla lunga.-

c'era troppo silenzio, se ne accorse quando, avvicinandosi al fagotto nero gli aghi dei pini si spezzavano bombardando la quiete con un il loro crepitio. Più si avvicinava, più trovava interessante ammirare le scarpe che calpestavano la neve immacolata. Non voleva guardare, non voleva scoprire di aver ucciso una persona, anche se l'aveva fatto per

difendersi.

Ormai in prossimità del punto in cui giaceva il corpo, alzò lentamente la testa cercando al contempo di mettere a fuoco la vista. E poi scoppiò a ridere. Il corpo era sparito. O forse non c'era mai stata una persona morta a terra. L'unica cosa presente sul suolo innevato era la sua borsa. E lei come una stupida ragazzina isterica l'aveva scambiata per il corpo del suo inseguitore.

Un peso enorme le si sollevò dal petto. Stava quasi per mettersi a ballare dalla felicità quando si ricordò di dove fosse e per quale motivo stesse gioendo. Ringraziò il cielo di essere sola. Si sarebbe vergognata da morire se qualcuno l'avesse vista. Qualcosa poi attirò la sua attenzione distraendola dal balletto della felicità riportandola bruscamente alla realtà. Era un oggetto prezioso, si notava.

Tra le dita teneva un bellissimo braccialetto, che ad occhio e croce sembrava fatto di argento, composto da una semplice catenella ad anelli.

Al centro la catena lasciava spazio ad una specie di spirale che racchiudeva una gemma verde-azzura esattamente

come le acque di Lake Louise.

Era davvero bellissimo, il tipo di bracciale che a lei sarebbe piaciuto indossare. Rigirandoselo tra le dita lyla notò che il metallo le stava riscaldando lentamente la mano. La persona che l'aveva perso doveva essere passata di lì da pochissimo tempo.

Il maniaco. Ma certo. Doveva averlo perduto mentre cercava di aggredirla.

Seguendo un impulso lo strinse nel pugno e se lo infilò nella tasca dei jeans. Raccolse la borsa e se ne andò.



vi lascio con l'immagine del bracciale trovato da lyl.

Alla prossima!

Eradil

lunedì 4 luglio 2011

Silver Moonlight 19°capitolo

Raccolte tutte le sue cose sparse a terra, si avviò verso il punto della boscaglia da cui era uscita qualche ora prima.

L'interno del bosco con i suoi rami fitti era oramai quasi completamente al buio. Lyla dovette farsi luce con il telefonino e anche con quello non riusciva a vedere oltre al metro davanti a se.

Rimanere completamente al buio non la entusiasmava, l'idea di non riuscire a vedere niente di quello che la circondava era una delle sue maggiori fobie, per questo accanto al letto teneva sempre una piccola lampada che faceva abbastanza luce per rischiarare l'ambiente ma che le permetteva comunque di riuscire a dormire senza problemi.

-crac-

di nuovo quel rumore.

No. non aveva niente a che fare con gli animali o con le piante che ondeggiavano alla sottile brezza della sera.

Ormai ne era quasi certa. Qualcuno la stava spiando e non era un turista. in quel caso si sarebbe fatto vedere immediatamente in cerca di aiuto.

  • fatti vedere brutto maniaco del cazzo!-

Ok forse non era la tattica migliore insultare una persona che la stava pedinando, ma hey, essere sfrontati è la migliore tattica per difendersi dal panico.

Continuare a giocare a quel gioco mentale ancora per molto avrebbe solamente assecondato la persona che continuava a rimanere nascosta e che evidentemente contava sul fatto che la paura la paralizzasse.

Forse sarebbe anche successo in un altro momento, ma lyla non gliela avrebbe data vinta. Oh no.

Prese la decisione in meno di un secondo poi si mise a correre in direzione del paese come se alle calcagna avesse avuto un branco di cani rabbiosi e vogliosi di farla a pezzi.

Il momento le suggeriva le ipotesi più macabre e lugubri anche se con un certo umorismo. anche più del solito.

I polmoni cominciavano a bruciare desiderosi di una pausa. Ma non aveva la minima intenzione di fermarsi prima di aver lasciato tra lei e il bosco almeno duecento metri.

La corsa e il respiro ansante coprivano qualsiasi possibile rumore il suo inseguitore stesse facendo; sempre se l'aveva davvero seguita. Non voleva fermarsi e accertarsene.

Un luccichio nel buio della notte incalzante la distrasse per un attimo facendola rallentare rallentare sensibilmente era difficile fare due cose contemporaneamente, soprattutto quando si sta cercando di scappare da un possibile assassino. Stava decisamente cedendo al panico più nero.

Un attimo dopo il luccichio era scomparso dalla sua visuale, volto la testa altre due o tre volte, ma sembrava definitivamente sparito, o forse non c'era mai stato.

Eppure nella sua mente prese a suonare un campanello di allarme, la situazione le era vagamente familiare, in qualche modo già vista. Ma proprio non riusciva a ricordare dove.

Poi all'improvviso il mondo si ribaltò. Dove prima c'era il cielo ora vedeva solo terra. L'uomo doveva essere riuscito a raggiunta e in uno scatto atterrata, afferrandola per una caviglia; non si era mai rotta niente in vita sua, per cui non conosceva il dolore cieco e pulsante di un arto spezzato ma era pronta a giocarsi lo stipendio di un mese che quello che sentiva, non era una semplice storta.

Il maniaco non aveva preso in considerazione l'eventualità che la sua preda si ribellasse in modo cosi violento al suo assalto e fece l'errore di non tenerle bloccate entrambe le gambe, lasciandole cosi la possibilità di tirargli un calcio in quella che in teoria doveva essere la sua faccia. Lyla tirò una serie di calci contando sulla quantità piuttosto che sulla qualità sperando di colpire quante più volte possibile il mostro che la stava aggredendo. Proprio quando stava perdendo le forze e le speranze, sentì la presa sulla sua caviglia destra allentarsi quel tanto a permetterle di liberarsi e sperare in una nuova fuga. graffiando il terreno con le unghie dipinte di smalto verde si allontanò di qualche metro dalla figura accucciata a terra che snocciolava una serie di parole incomprensibili ma che vista la situazione dovevano essere senza dubbio imprecazioni. Una volta rimessasi in piedi controllò sommariamente la situazione della gamba che sebbene dolorante e ferita sembrava essere tutta intera; per fortuna niente si era rotto come aveva ipotizzato prima.

Zoppicando visibilmente riuscì miracolosamente a uscire dalla foresta senza essere catturata una seconda volta, doveva aver colpito lo sconosciuto in modo più grave del previsto o forse aveva rinunciato a prenderla perchè nessuno la seguì per il resto del tragitto.