lunedì 16 maggio 2011

Silver Moonlight 14°capitolo

Con delle compresse di garza e del disinfettante cominciò ad asciugare attentamente; la ferita ad una prima occhiata non sembrava essere grave, un taglio superficiale non troppo profondo lungo circa sette centimetri.

Il sangue però usciva copioso dalla ferita quasi avesse colpito un'arteria.

Il bancone dove stava il registratore di cassa sembrava il campo di battaglia della seconda guerra mondiale, il sangue si era racconto in più punti formando chiazze scure in contrasto con il legno chiaro.

  • ouch! Ehi tu, mi sta facendo male sai?-

  • si lo so ma se tu stai fermo il più possibile riuscirò a pulire la ferita...ecco fatto, un bel cerotto e dovresti essere a posto. Per fortuna non servono dei punti di sutura.
    Ce la vedevo già saraph a tirarti i piatti dietro per quello che hai combinato.

  • Già, beh ora è meglio che ti avvi o non troverai molto da comprare.

  • Come se ci fossero frotte di gente che corrono a comprare vernice e altri colori tutti i giorni!.

  • Poche storie ragazza mia, vai subito.

  • Va bene come non detto, vado.

Usci in fretta e furia dal negozio. La sottile neve che cadeva ormai da più di diciotto ore aveva reso le nere strade di lake louise una pista ideale per gli sciatori di fondo, ma un vero inferno per le auto che transitavano lentamente verso l'uscita o l'entrata della valle.

Con il naso all'insù respirò l'aria non proprio salutare che veniva dalla strada; un misto di fumo proveniente dagli scarichi delle auto e ozono, la neve non avrebbe smesso di scendere presto.

Quella di annusare l'aria era una strana abitudine che aveva da fin quando poteva ricordare. Le piaceva “sondare” l'ambiente in cui si trovava, l'aiutava ad ambientarsi a sentirsi più parte dello spazio, quasi potesse scoprire cose segrete e indicibili solo annusando l'aria.

In quel momento il grigio argento del cielo pesava sui tetti del borgo insieme al bianco candido della neve, il sole ben nascosto da settimane riusciva comunque a trasmettere la sua luce. il riflesso sembrava arrivare da tutte le parti e allo stesso tempo da nessuna in particolare.
Per i delicati occhi verdi di lyla quello era troppo, tenerli aperti entrambi risultava un'impresa impossibile; le era stato detto dal medico oculistico durante una visita di routine che capitava spesso che le persone con gli occhi chiari avessero difficoltà a sopportare gli accecanti raggi del sole, ma per lei era ancora più difficile, dato che era fotosensibile quindi sopportava ancora meno delle altre persone la luce e la pelle le si scottava più facilmente. Non usciva mai senza il suo paio preferito di occhiali: due enormi lenti nere incorniciate da un telaio altrettanto nero; se voleva uscire le erano necessari, camminare senza sarebbe stato come camminare al buio.

Stava quasi per voltare l'angolo della strada quando si ricordò di dover riferire a Francis il codice della tonalità di colore, sfortunatamente non se lo ricordava mai, un semplice numero a tre cifre che però continuava a dimenticare.

Ruotò su se stessa di 180° finendo esattamente sul piede di un passante.

Era sicura che sarebbero finiti entrambi gambe all'aria, l'impatto era stato abbastanza forte da spingere entrambi fino a farli cadere.

Ma un braccio forte la trattenne e riuscì a rimetterla in piedi, lyla un po scossa e mortificata per la sua sbadataggine si sistemò i capelli rosso scuro, che nello scontro le erano finiti davanti agli occhi.

Ma quando riuscì a districare la lunga massa selvaggia che le arrivava fino al fondo schiena, il tempo, come le era già successo quella mattina sembrò rallentare di nuovo

  • o dei, mi....mi scusi! Non...-

occhi grigio ghiaccio la fissavano freddi e un ciuffo di capelli rossicci le passò davanti agli occhi.

Come la volta precedente il momento passò e tutto tornò a scorrere normalmente come se non fosse successo nulla di tutto ciò.

Dello sconosciuto non c'era più nessuna traccia.

Per qualche attimo rimase congelata in una posizione di difesa, le braccia bloccate a mezz'aria dove il braccio dell'uomo l'aveva trattenuta cingendole la vita, il peso di quel tocco perdurava sul giacchetto di pelle di lyla anche se la mano dell'uomo non era più li.

La suoneria di un telefonino in lontananza le ricordò chi fosse e cosa dovesse fare.

Quando si accorse che il trillo veniva dalla sua borsa, si affrettò a ripescare l'oggetto scavando con apprensione nei sui meandri scuri e misteriosi dove spesso sparivano penne e chiavi per poi riemergerne improvvisamente mesi dopo.

finalmente riuscì a trovarlo ed emise un urletto esultante.

Quando si dice le piccole gioia della vita!

Il numero che appariva sullo schermo era quello del negozio. In quel momento si augurò che Jo non la chiamasse per dirle che stava morendo dissanguato.

-spero che tu non stia morendo sul pavimento del negozio jo, perchè sarebbe difficile mantenere la clientela con una macchia di sangue sul pavimento.-

-il tuo amore per il prossimo è ammirevole zucchina-

prima che avesse il tempo di formulare un insulto adatto in risposta all'orrendo nomignolo, Joseph, riprese a parlare attraverso il microfono.

-ma non ti chiamo per salvare la mia inestimabile vita.-

lyla alzò gli occhi al cielo. Felice che lui non potesse vederla. La vanità di quell'uomo era smisurata, se avesse visto quanto la irritava essere chiamata cosi avrebbe infierito ulteriormente.

-qual'è l'emergenza allora?-

-sorvolerò su questo tono scocciato cara-

si senti immediatamente in colpa per il tono duro che aveva usato nei confronti dello zio.

-hai ragione, scusami, ma a quanto pare oggi combino solo guai-

-è tutto ok piccola?-

-si zio, non è niente-

-sicura?-

non voleva farlo preoccupare per una cosa insignificante come il suo quasi incidente stradale di poco prima.

E non era neanche sicura che aver pestato il piede ad un passante fosse qualcosa di cosi rilevante da riferire.

Allora perchè si sentiva cosi inquieta? Come se stesse camminando sull'orlo di burrone?


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